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A proposito di pilot. Quattro chiacchiere riguardo le novità dell’autunno.

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Con le giornate che si accorciano e le pubblicità di Natale di nuovo in tv, è tempo di fare il bilancio delle novità seriali dell’autunno. Visto che qui si ama discutere e avere punti di vista diversi, Giovanni, Mara ed Elisa si sono riuniti davanti a una tazza di tè (virtuale) confrontandosi sulle nuove serie di questa stagione televisiva.

Giovanni: Allora ragazze, vi avviso subito: io ho visto tutto, tutti e 25 i pilot. Network, via cavo, piattaforme varie. Tutto. Perché non ho una vita. E sono molto provato, specialmente dal fatto di non avere una vita. A ogni modo sono rimasto impressionato da ben poche cose. Voi invece? Avete una vita?
Elisa: Ehm… mi appello al quinto emendamento?
Mara: Ho in corso il recupero della seconda stagione di Hannibal.
Giovanni: Vedo che siamo tutti sulla stessa barca. Ok, togliamoci subito il dente: il meglio e il peggio delle novità degli ultimi due mesi. Così, a bruciapelo. Parto io. Stalker (quella robaccia sui maniaci con Dylan McDermott e creata da un Kevin Williamson ormai in piena demenza senile),The Mysteries of Laura (una mamma detective, le risate!) e Kingdom (un prodottino con quei lottatori supermacho mezzinudi e il minore dei Jonas Brothers che è praticamente l’adattamento televisivo di un tumblr gay) sono le mie tre scelte quanto a peggiori nuovi drama, mentre per quanto riguarda la comedy, tra Selfie (che ci vuole far credere che Karen Gillian sia una sfigata), Manhattan Love Story (conoscere ciò che pensano due innamorati non è detto che faccia ridere) e Cristela (un’altra sit-com anni ‘80 trasmessa con 30 anni di ritardo) dichiaro il genere ufficialmente morto. Al termine della visione del pilot di The McCarthys (altra sit-com in cui nemmeno le risate registrate parevano divertirsi troppo) ho dovuto vedere il primo episodio di Seinfeld, è stato più forte di me.

«Per quanto riguarda la comedy dichiaro il genere ufficialmente morto».Mara: The McCarthys è avvilente, una comedy che risulterebbe vecchia e stantia perfino per i nostalgici – se esistessero – di S***t My Dad Says. Con la nuova pilot season sono entrata ufficialmente nella categoria “non seguo le comedy”: datemi pure la spilletta. Sì, ok, Black-ish (comedy su una famiglia afroamericana in conflitto con le proprie origini) è divertente ma nulla per cui cerchiare la data sul calendario. Selfie aveva a disposizione Karen Gillan (Karen Gillan!) doveva semplicemente capitalizzare l’affetto astronomico che noi tutti abbiamo per lei e scrivere qualcosa di dignitoso. E invece no: è diventato un How to Fail Despite Having Karen Gillan in Your Team. Se solo la serie si fosse limitata a essere brutta, amen, ma c’è anche la morale spicciola: l’importante è la bellezza interiore! L’importante è essere, non apparire!
Giovanni: Per me l’importante è non buttare 20 minuti della mia vita, soprattutto ora che mi faccio vecchio!
Mara: come dice Jep Gambardella con l’età ho capito “che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare” (così “C’è anche un po’ di Italia” in onore di Elisa)
Elisa: Mi sono tenuta stretti i miei 20 minuti di vita eliminando pilot che, a priori, urlavano sordida porcata che nel migliore dei casi dimenticherò dopo 5 minuti e nel peggiore (quelli proprio brutti-brutti-brutti) lascerà dietro di sé qualcosa di assimilabile a un trauma.
Giovanni: Comunque devo dire che, restando in tema comedy, non ho trovato male Transparent, che racconta di una famiglia della Los Angeles upper class in cui il patriarca ultrasessantenne comincia a vestirsi da donna. Ho visto tre episodi e non mi dispiace. Certo, odio tutti tranne Jeffrey Tambor, ma credo sia voluto.
Mara: Mi sono fermata al pilot: il vuoto esistenziale studiato a tavolino, privo di autenticità. La visione mi ha lasciato una sensazione di disagio, ma non quella cercata dagli autori: mi è parso di aver visto persone senza scopo nella vita che trovano nel sentirsi inadeguati un passatempo. (E comunque è una “comedy” così come lo era Enlightened ovvero una comedy solo per il formato da 20/30 minuti)
Giovanni: Sono abbastanza d’accordo, ma l’interpretazione di Jeffrey Tambor è così travolgente che mi basta per andare avanti, almeno per ora.

«L’interpretazione di Jeffrey Tambor in Transparent è così travolgente che mi basta per andare avanti».Elisa: A Transparent avevo anche mollato un OK ma mentre ne parlavate avevo persino il dubbio di non averlo visto. Sono arenata al secondo episodio e non credo mi schioderò da lì molto presto, nonostante in America abbia alzato un bel polverone. Non è che non sia un dramma (nel senso stretto del termine, checché ne dicano) ben scritto e ben recitato, solo che è tutto così perfetto, così calibrato, così calcolato. Un ottimo compitino di Amazon, indubbio, però mi pare manchi un po’ di cuore, soprattutto considerando i temi molto emozionali che mette al centro.

Transparent

Transparent

Mara: Passando ai drama, i pilot più attesi erano, però, Gotham e The Affair.
Giovanni: The Affair è bellissimo.
Mara: Sì, ma è una serie che, narrando alternativamente la percezione della realtà e di una relazione extraconiugale dal punto di vista prima di un protagonista poi dell’altro, sposta sulla conclusione il giudizio sull’intero show. Quanto di buono fatto finora può essere svilito da un finale inefficace, viceversa un ottimo finale aggiungerebbe, retroattivamente, piacere nella ri-visione.

«The Affair è la serie che sembra avere più cose da dire».Elisa: Per me è un nuovo The Americans. Serie bellissime, scritte in maniera eccelsa e curatissime anche sul fronte regia (anche se il pilot di The Affair faceva alcune scelte in questo senso che nì) che nelle puntate migliori mi fanno scattare l’applauso. Il problema è che non fidelizzano come altre, così mi ritrovo sempre a recuperarle in blocchi, spinta dall’ondata di reazioni sui social. Forse è anche giusto così, The Affair è notevole ma forse non il primo titolo che ti viene in mente quando rientri a casa distrutto e vuoi prenderti 40 minuti tutti per te.
Giovanni: Secondo me finora ha già dimostrato tantissimo! Uno scontro costante tra maschile e femminile, desiderio e bisogno, l’io narrante e l’io narrato, sottotesto e testo, e in questo scontro a vincere è la serie stessa. E’ un prodotto sfuggente, che continua a riconfigurarsi a ogni episodio. Se anche finisse a merda, il suo resterebbe un approccio interessante e finora mai trattato in tv con tale complessità.
Elisa: Il punto di vista maschile e femminile a confronto è un po’ il nuovo nero televisivo di questo autunno 2014 e The Affair è la serie che sembra avere più cose da dire in questo senso.
Mara: D’accordo su tutto anche se i King in The Good Wife avevano già detto la loro in fatto di realtà quale percezione della realtà in “The Decision Tree”. Siamo abituati ai flashback che spesso lasciano intendere una oggettività, un narratore onnisciente, ma non è così. I ricordi sono creature viventi, non fossili, e come ogni creatura vivente mutano, cambiano, sfuggendo spesso a una valutazione oggettiva. In The Affair avrei quindi preferito se gli autori avessero mantenuto esattamente questa linea di condotta narrativa senza innestarla con l’indagine. Sarebbe stato più di impatto vivere le loro esperienze senza il filtro del racconto a un terzo referente. [spoiler]Non ho alcun interesse nello scoprire chi sia morto, né perché. È un po’ il mezzuccio adottato da Noah per stimolare l’interesse nell’agente: piazzare un omicidio.[/spoiler]
Elisa: Non sarà l’effetto Broadchurch, l’irresistibile tentazione di portare la luce la polvere sotto il tappeto?
Giovanni: Io ho abbastanza fiducia in Sarah Treem e Hagai Levi, i creatori. Ricordiamo che lui è quello che si è inventato In Treatment e lei è quella che ha scritto i personaggi più belli della trasposizione americana (Sophie, April, Jesse). E secondo me [spoiler] l’omicidio [/spoiler] è un pretesto che passerà in secondo piano. Ho il sentore che coinvolga un personaggio secondario.
Mara: La “poetica” di In Treatment affiora, difatti, in più di un punto.
Elisa: Ok, mi state facendo voglia di mollarvi qui e recuperare qualche episodio.

The Affair

The Affair

Giovanni: Brava! Comunque scusami Mara, ti ho interrotto. Parlavi di Gotham. L’aspettavamo tutti tantissimo, poi che è successo?
Mara: Di Gotham non c’è molto da dire. Nel senso, non rivoluzionerà il genere, non segnerà né il punto più alto né il più basso dell’universo Batman, ma se non altro è un buon prodotto. Per quel che mi riguarda, ero particolarmente prevenuta: non ho visto Rome ma ho seguito tutto The Mentalist e quindi Bruno Heller per me è sinonimo di protagonista interessante, casi sviluppati e risolti in modo approssimativo, conflitti morali lasciati in fase embrionale. Nel pilot di Gotham ho ritrovato esattamente questi elementi ma mitigati nelle negatività. Ben McKenzie è adatto nel ruolo del giovane e integerrimo Gordon e Donal Logue conferisce la giusta verve agli altrimenti spremuti topoi del buddy cop show.
Giovanni: Amo entrambi gli attori. E guai a parlar male di Ben McKenzie! Andatevi prima a recuperare le cinque stagioni di quel gioiellino di Southland (davvero, fatelo) e poi ne riparliamo!
Mara: Io infatti non seguo Gotham la serie con il portatore di canotta bianca di OC, seguo Gotham la serie con Ben Sherman di Southland!

«Gotham non rivoluzionerà il genere, non segnerà né il punto più alto né il più basso dell’universo Batman, ma se non altro è un buon prodotto».Giovanni: Ti dirò, neanche a me Gotham dispiace. Secondo me Heller ha azzeccato in pieno la caratterizzazione della città, che è la vera protagonista della serie. I problemi che riscontro però sono principalmente due: 1) il tono troppo fluttuante, un momento è il Batman di Tim Burton, il momento dopo è quello di Adam West, 2) la mancanza di una direzione chiara. Perché la direzione non può essere “tra vent’anni arriva Batman”. Qual è il punto? Dove si vuole andare a parare? Sono ricaduti nella stessa voragine di Agents of S.H.I.E.L.D (ossia vivere costantemente all’ombra di personaggi più fighi e più interessanti, ossia quelli dei film, anche se devo ammettere sia migliorato col tempo) nonostante qui, al contrario della serie Marvel, abbiano inserito praticamente TUTTI i personaggi di Batman?
Elisa: Non mi sono ancora ripresa dalla delusione del pilot. Gordon in quell’episodio è semplicemente tremendo! Dice cose che nemmeno il più trito poliziotto dei film in seconda serata su Italia1 direbbe, tipo “Bruce, ti prometto che troverò l’assassino dei tuoi genitori” (seguito dal mio attonito “MA SEI SCEMOOOO!?”), senza contare che i suoi tentativi di essere un poliziotto pulito hanno innestato molteplici genesi di villain in mezz’oretta scarsa. Forse conveniva prenderla quella mazzetta. Sigh. Se però continuerò a leggere commenti positivi in giro, magari prenderò il coraggio a due mani e continuerò la visione.
Mara Secondo me il pilot ha risentito molto della “sfilata” dei villain, le reiterate strizzate d’occhio ai fan del fumetto, come a dire: tranquilli, c’è tutto, non abbiamo dimenticato nulla. Gotham deve trovare la sua identità indipendentemente da Batman per rendere efficace la messa in scena del declino morale, per dare spessore allo scollamento tra legge e Giustizia, cittadino e Città. Considerando che Person of Interest ha già trattato questi temi, Bruno Heller dovrà fare qualcosa in più rispetto a quanto presentato fino ad ora.
Forse, tra qualche stagione, giocheranno la carta dei flashforward mostrando un Batman già attivo, ma adesso il protagonista della serie è la coscienza di Gotham, ovvero Jim Gordon.
Giovanni: Col numero di film in lavorazione con l’Uomo Pipistrello, non credo succederà mai!
Mara: Sarebbe anche una una mezza dichiarazione di resa, la serie parte da tutt’altro presupposto: la presenza di Bruce Wayne, non di Batman. Però è una suggestione molto allettante, non posso credere che non l’abbiano presa in considerazione.

Gotham

Gotham

Giovanni: Visto che siamo in tema fumetti DC approfitto per fare la mia dichiarazione d’amore a The Flash, secondo adattamento del noto supereroe dopo la sfortunata incarnazione anni ‘90. In pratica è una versione televisiva di Spider-Man e lo adoro. Anzi, direi proprio che è l’Amazing Spider-Man che avrei voluto vedere al cinema al posto di quella porcheria con Andrew Garfield e Emma Stone. Un supereroe giovane, scanzonato, positivo ma non cretino, merito anche dell’apporto di Geoff Johns, uno che di fumetti ne capisce (è uno degli sceneggiatori di comics più importanti del momento, in pratica il Brian Michael Bendis della DC).

«Il materiale originario non è di quelli che rientrano tra le mie preferenze eppure ho trovato The Flash godibile».Elisa: Carinissimo, ormai alla CW partono col pilota automatico. Ve la ricordate da CW di cinque anni fa, quant’era imbarazzante? Invece adesso riesce a piantar lì uno spin off di Arrow che sia gradevole quanto il fratello maggiore ma con un tono differente, meno cupo. Il problema è la necessità di continui episodi filler / fuffa per coprire la serie, difficoltà ereditata dall’impostazione ricalcata su Arrow, appunto. E qui non hanno nemmeno la madre, generatore automatico di sottotrame soap, quanto mi manca!!
Mara: Il materiale originario non è di quelli che rientrano tra le mie preferenze eppure ho trovato The Flash godibile, con la giusta dose di autoironia.
Giovanni: E come bonus rispetto ad Arrow di cui è lo spinoff qui abbiamo persino un protagonista con due espressioni invece che una!
Mara Ho lasciato Arrow a metà prima stagione ma per sentito dire azzarderei che lì ci sono almeno due espressioni: con e senza maglietta.
Elisa: …perché il punto in Arrow sono le espressioni addominali. Ah, mi ha fatto spanciare dalle risate il pilota Flash quando si è preso la briga di dare una pseudo spiegazione scientifica all’improvvisa comparsa della tartaruga del protagonista. Quanti ricordi!

The Flash

The Flash

Giovanni: Chi invece non credo possa migliorare la propria situazione andando in giro senza maglietta credo sia Constantine, un mezzo fallimento annunciato.
Elisa: metto le mani avanti, ne avete parlato tutti così male che sono fuggita senza nemmeno vedere il pilota.
Mara Era dura fare peggio del film ma questo Constantine è la dimostrazione che con l’impegno si può tutto. E poi ci hanno negato la battuta più facile e scontata “Senza la sigaretta è irriconoscibile!”

«Qui c’è ben poco del Constantine dei fumetti e di Hellblazer in generale».Giovanni: Ma la sigaretta è il meno. Qui c’è ben poco del Constantine dei fumetti e di Hellblazer in generale. Sembra di essere davanti a una versione ammorbidita di Supernatural, un prodotto ultraderivativo senza una personalità propria. Uno spreco, insomma. Quella che invece è una delle perle nascoste di questo autunno è Jane The Virgin.
Mara: Ecco, parlamene, convincimi a recuperarlo.
Elisa: Idem.
Giovanni: E’ l’adattamento di una telenovela sudamericana, alla Ugly Betty per intenderci. Una roba over the top (la protagonista rimane incinta senza aver fatto sesso) senza sfociare nel trash spiccato, una sorta di fiaba con gli stilemi della soap e un voice over molto molto divertente. La CW quest’anno non la ferma nessuno!

Jane the Virgin

Jane the Virgin

Mara secondo te la CW si sta “ribrandizzando”?
Giovanni: Lo ha già fatto. Da network di Gossip Girl è diventato quello di Hunger Games. Qualche legame col vecchio brand c’è ancora (The Carrie Diaries, Hart of Dixie e appunto Jane the Virgin), ma sembra puntare a un pubblico un pochino più adulto. E a proposito di adulti, Madam Secretary è l’House of Cards per gli anziani.
Elisa: Hanno capito che anche parte del pubblico adulto era disposto a piazzarsi sul divano a patto che fornissero qualcosa la cui qualità potesse giustificare l’appellativo di guilty pleasure, soprattutto evitando di prendersi sul serio. Su Madam Secretary, serie che segue l’operato di un segretario di stato americano modello Hillary Clinton, vorrei essere positiva, ma durante la visione ho sempre l’impressione che qualcuno mi tocchi gentilmente la spalla per rassicurarmi. Insomma, è la Casa Bianca! Dove sono i complotti con i quadruplici doppi giochi, gli alieni, i terroristi arabi, la Russia che sbarella, i malvagi cinesi!! Perché sono tutti così ragionevoli? Ok, gli Stati Uniti sono una grande nazione blablabla, ma dov’è la mia penna verde!?!?!?

«Su Madam Secretary vorrei essere positiva, ma durante la visione ho sempre l’impressione che qualcuno mi tocchi gentilmente la spalla per rassicurarmi».Mara L’avevo definito “la politica USA con tanto zucchero a velo” ma il pilot mi aveva convinto anche perché aveva reso subito chiaro l’intento: una serie priva di grandi ambizioni (alla West Wing, per capirci) ma di buon mestiere. Episodio dopo episodio il buonismo ha però assunto un sapore paternalistico e la disonestà con cui vengono ideati i conflitti per servire l’assist al messaggio “gli USA insegnano a vivere al resto del mondo” è oltremodo irritante.
Giovanni: Più che il segretario di stato USA lei mi sembra la vicepreside di un liceo. La posta in gioco del suo lavoro è più o meno la stessa, anzi, sono abbastanza certo che una vicepreside affronta problemi ben peggiori.
Mara Tea Leoni non mi dispiace, è credibile nel dar vita a un personaggio solido, razionale, ma sono felice che non sia stata scelta (o abbia rifiutato) per il ruolo di Alicia Florrick
Giovanni Di certo non ha lo stesso fascino ambiguo e impermeabile di Julianna Margulies. Tea Leoni è buona fino al midollo, al contrario di Annalise Keating di How to Get Away with Murder, il nuovo successo di casa Shonda Rhimes.
Elisa: FINALMENTE!

How to Get Away with Murder

How to Get Away with Murder

Mara: Shonda sa scrivere una serie tv ma tra me e lei non è mai stato amore e HTGAWM non cambia lo stato delle cose.
Giovanni: A essere corretti, la Rhimes l’ha solo prodotta, non ha scritto una battuta di questa specie di figlio illegittimo di Damages e Cruel Intentions. Una baracconata molto divertente con una carismatica Viola Davis. Certo non sono sicuro della longevità di un concept del genere (alla corte della professore Keating un gruppo di studenti di legge restano invischiati in un omicidio), ma ehi, è il più grande successo di un drama sui network quest’anno.
Mara Avrei giurato ci fosse la sua mano nello script. Poco male, aspetterò la prossima serie scritta davvero dalla signora Rhimes per confermare (o smentire) la mancanza di affinità. Al momento How to get away ecc… mi intrattiene ma non mi interessa, sulla lunga distanza le battute sapide servite a velocità 3x mi stancano. Potrei dimenticarmi della sua esistenza con una pausa di un paio di settimane.

«How to Get Away with Murder è il figlio illegittimo di Damages e Cruel Intentions».Elisa: Senza un’oncia di vergogna: tra le novità How to get away with un titolo lungo come la morte è quella che seguo con più assiduità. Adoro i legal, adoro le trame bastarde che ti piazzano lì il colpo di scena con delitto e ti fanno penare un’intera stagione per capirci qualcosa (Damages, in pratica) e tendenzialmente sono un’ultracinquantenne dentro che si sparerebbe qualsiasi cosa a sfondo legale, meglio se procedurale. Ok, qui la parte legal è aria fritta al pari dei riempitivi di Suits (su “la testimone è daltonica!” ho seriamente rischiato di strozzarmi) però il suo lavoro lo fa: a ogni episodio mi viene voglia di vedere il successivo, sia per la sparata finale, sia per Viola Davis che spadroneggia a scena aperta (e lo sa!), sia perché la serie sta prendendo via via una piega super gay che, ehi, perché no? Ogni volta che schiaccio play mi chiedo dove infileranno il testimone omosessuale che verrà concupito dall’idolo di Tumblr. Per non parlare del classico maschio bianco 30enne sgradevolissimo che esiste solo per fare commenti inadeguati e venir compatito da tutti. E poi VIOLA DAVIS. La scena in cui si strucca e si leva la parrucca era degna di un telefilm di molto migliore. Mi piace anche che Viola Davis sia la nuova Kerry Washington, impossibilmente realizzata, lavorativamente e sessualmente dinamica, ma con qualche decina d’anni e chili in più. E la serie urla “chisseneee” e la strizza nelle stesse mise legal sexy. Sì, mi piace.

Giovanni: Quindi, tirando le somme, se dovessimo consigliare una novità comedy quale scegliereste?
Elisa: Nonostante l’abbiano già cassata senza pietà a metà alfabeto, direi A to Z. Non sono un’amante delle comedy ma tra le nuove proposte è quella che vedo più volentieri, quasi come seguire la serializzazione di 500 days of Summer.
Mara: Black-ish della ABC. La vita di una famiglia di colore della media alta-borghesia in cui contesto sociale e professionale prevalentemente “bianco”. Da vedere, se possibile, dopo Hannibal per gustare il passaggio di Laurence Fishburne da cinico calcolatore agente FBI alle prese con psicopatici e serial killer, a Nonno sornione che osserva, elabora ed esprime il suo pensiero con un’alzata di sopracciglio.
Giovanni: Entrambe quelle che avete appena citato a me non sono dispiaciute, ma consiglierei Transparent, anche solo per l’interpretazione gigantesca di Jeffrey Tambor. Un drama invece?
Mara: The Affair che trova nel cast uno dei suoi punti di forza: Dominic West, Joshua Jackson, Maura Tierney anche se è Ruth Wilson, fragile e ammaliatrice, a sbancare con il suo fascino magnetico, ma questa non è una sorpresa per chi l’ha ammirata in Luther.
Elisa: Mara cita il migliore ma vale la pena di segnalare anche Strange Empire, un ottimo western canadese al femminile… sì, lo so, ma che c’entrano gonnelle e aceri con il selvaggio West? Eppure funziona molto meglio di tanta roba statunitense. Sa veramente di nuovo, pur essendo un western fatto e finito. Inoltre è girato benissimo! A chi soffre la mancanza d’idee di quest’annata consiglio di darci un’occhiata.
Mara Sold.
Giovanni: Io avrei consigliato The Affair, ma visto che l’ha già fatto Mara mi butterei senza vergogna su Jane the Virgin. E adesso non resta che risentirci nel 2015!

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